Programma SPOT

La Controversa Storia del Programma SPOT

Il programma SPOT è un ottimo esempio della sfida di comprendere le persone partendo da indizi non verbali. Anche le idee più “istituzionali” devono superare la prova della vita reale, dove i fenomeni non sono sempre così lineari e semplici, anzi. Per non parlare di quelle idee che nascono da idee sbagliate sui risultati sperimentali o, peggio ancora, da basi non scientifiche. Non è sufficiente affidarsi agli esperti o alle migliori pratiche. Per dimostrare la sua praticità, ogni ipotesi deve essere in grado di descrivere, spiegare o prevedere un fenomeno con un certo grado di accuratezza. E la storia del programma SPOT ci fa capire quanto sia difficile capire le persone, nonostante quello che possiamo immaginare.

11/09: L’Incubo del Terrorismo

Gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 hanno scioccato il mondo. In 102 minuti di terrore, quasi 3.000 persone sono morte e molte altre sono rimaste ferite. Per non parlare dei danni materiali. Una delle prime risposte del presidente Bush fu la firma dell’Aviation and Transportation Safety Act. In poche parole, è una legge intesa a migliorare la sicurezza dei trasporti, ad esempio attraverso il controllo dei bagagli. Fu anche istituita un’agenzia governativa dedicata alla supervisione di queste attività, la Transportation Security Administration (TSA).

Aeroporti sicuri: il programma SPOT

Un paio d’anni dopo, nel 2003, la TSA ha avviato un progetto pilota negli aeroporti del New England. Il progetto fu chiamato SPOT, o Screening of Passengers by Observation Techniques. In breve, il suo scopo era identificare, attraverso l’uso di indicatori comportamentali, le persone che potrebbero rappresentare un rischio per la sicurezza aerea.

Agenti adeguatamente formati (i.e., behavior detection officers, BDO) dovrebbero essere in grado di identificare i passeggeri che mostrano segni di stress, paura, inganno e persino di essere attentatori suicidi. Sembra che alcuni di questi indicatori siano trapelati qualche anno fa. Persone che sbadigliano troppo, guardano in basso o indugiano in gesti irrilevanti (e.g., grattarsi il mento o il naso) attirerebbero l’attenzione degli agenti, ad esempio.

La procedura di screening è suddivisa in tre fasi:

  • Step #1 (box 1 della figura seguente). Mentre i passeggeri fanno la fila al controllo bagagli, alcuni agenti (BDO) li scansionano e dialogano con loro. Nel frattempo, altri agenti osservano come si comportano i passeggeri.
  • Step #2 (box 2 della figura seguente). Altri agenti (transportation security officer, TSO) si occupano del controllo di documenti e bagagli. Anche loro scambiano quattro chiacchiere con i passeggeri, cercando di cogliere se ci sono indizi importanti di stress, paura, inganno, o di intenzioni malevoli (e.g., terrorismo). Se va tutto bene, le persone possono procedere oltre. Ma se gli agenti notano qualcosa degno di ulteriori indagini (l’uomo in rosso della seguente figura), chiamano un altro tipo di agente (law enforcement officer, LEO) e si passa al terzo step.
  • Step #3 (box 3 della figura seguente). L’agente LEO effettua le indagini che ritiene necessarie. Può interrogare il passeggero, controllare i precedenti penali e così via. Se tutto va bene, il passeggero può salire a bordo. Se qualcosa non va, il passeggero non andrà oltre. La procedura può anche terminare con l’arresto, se l’agente LEO scopre comportamenti scorretti e crimini.
La procedura del programma SPOT
La procedura del programma SPOT in pillole

I Primi Problemi

Dal 2007, il programma SPOT è diventato attivo in tutti gli aeroporti statunitensi. Qui è dove sono emersi i problemi.

Su richiesta della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, il Government Accountability Office (GAO) avvia delle indagini. Il GAO, il “cane da guardia del Congresso“, è l’agenzia che controlla come vengono spesi i soldi dei contribuenti statunitensi. In pratica, è l’equivalente della Corte dei Conti in Italia.

Nel 2010, il rapporto GAO ha concluso che la TSA ha implementato il programma SPOT senza prima verificarne le basi scientifiche e senza misurarne le prestazioni. In particolare, gli indicatori comportamentali non sono stati scelti su solide basi scientifiche. Sebbene sia stata presa in considerazione la letteratura scientifica, il programma SPOT si basa anche su dati non pubblicati e sulle opinioni di alcuni esperti, tra cui Paul Ekman, probabilmente il il più grande studioso delle emozioni del ventesimo secolo. Il motivo di questa scelta è semplice: non c’erano abbastanza dati scientifici riguardo marker di fenomeni complessi come le minacce terroristiche.

Inoltre, la TSA non ha organizzato un sistema per raccogliere le informazioni per capire quanto sia efficace il programma SPOT. Ad esempio, indagare sui passeggeri sospetti sulla base di comportamenti non verbali (e.g., gesti, espressioni facciali e movimenti) è più efficace che eseguire controlli casuali?

Nel 2011 verranno compiuti sforzi per colmare questa lacuna. Tuttavia, i risultati di questi sforzi non sono affidabili a causa di alcuni punti deboli nei protocolli e nei metodi. A titolo illustrativo, considera che gli esperti chiamati a valutare il programma SPOT non hanno avuto accesso ai rapporti e agli indicatori utilizzati. Dovevano solo valutare il metodo. Gli esperti non avevano bisogno di questi dati per fare il loro lavoro, dopotutto. Questo è ciò che pensava la TSA.

Il Programma SPOT sotto Accusa: Causa Legale e Conseguenze

Tuttavia, le opinioni personali e il metodo scientifico non necessariamente convergono. Nel 2013, il GAO ha confermato le sue precedenti conclusioni e ha raccomandato al governo degli Stati Uniti di limitare i fondi da assegnare al programma SPOT, almeno fino a quando non ci saranno prove più affidabili della sua efficacia. In effetti, i cani da guardia del Congresso avevano nel frattempo concluso – sulla base di circa 400 studi – che la nostra capacità di identificare l’inganno dagli indicatori comportamentali è simile al caso (54%). Neanche training specifici sembrano in grado di migliorare in modo significativo l’accuratezza dei nostri giudizi in questo campo.

Ci sono anche altri problemi. Ad esempio, due agenti interpretano spesso lo stesso atto in modo diverso. Senza contare che gli indicatori non sembrano così efficaci: nel biennio 2011-2012, solo 348 degli 8.700 controlli giunti alla terza fase della procedura di screening hanno portato ad arresti. In altre parole, per ogni 100 persone identificate tramite indicatori comportamentali, solo 4 stavano infrangendo la legge.

Il problema più grande è che molti passeggeri profilati si sono lamentati di essere stati controllati per motivi razziali, a causa della loro etnia e/o nazionalità. L’American Civil Liberties Union (ACLU) ha voluto indagare sul motivo di queste denunce. Nel marzo 2015, dopo aver intentato una causa, ACLU ha ricevuto i documenti del programma SPOT. Si è scoperto che la TSA conosceva già prove scientifiche che non supportano le interpretazioni del programma di alcuni indicatori comportamentali. Sembra anche che SPOT utilizzi tecniche giuridicamente controverse. Gli agenti potrebbero essere addestrati a svolgere interrogatori camuffati da conversazioni casuali, per esempio.

Pochi mesi dopo, Paul Ekman difenderà l’efficacia del programma.

I Pericoli dell’Analisi Pseudoscientifica della Comunicazione Non Verbale

Chi non ha sottovalutato le criticità del programma SPOT sono lo psicologo Vincent Denault e colleghi. In particolare, la lezione che possiamo imparare dal loro articolo del 2020 è evitare l’uso di metodi controversi per giudicare le persone. Se il compito è identificare terroristi e criminali, gli indizi non verbali non sembrano così efficaci. Fino a quando non avremo abbastanza dati scientifici, dobbiamo essere cauti. Eppure, come affermano Denault e colleghi:

Concetti dubbi sulla comunicazione non verbale, tuttavia, continuano ad essere utilizzati, non solo da funzionari della sicurezza dei trasporti, ma anche da professionisti di altri background.
Vincent Denault et al. (2020)
The Analysis of Nonverbal Communication: The Dangers of Pseudoscience in
Security and Justice Contexts (pag. 4)

Il programma SPOT è un inganno?

Il programma SPOT costa agli Stati Uniti circa 200 milioni di dollari all’anno. Nel periodo 2007-2015 le stime indicano un investimento complessivo di 1,5 miliardi di dollari. Il programma sembra essere ancora attivo.

Alcuni dubbi potranno forse essere risolti in futuro. Per adesso, possiamo cercare di capire come l’applicazione di teorie e postulati nella vita quotidiana non sia facile. Da un lato, abbiamo un programma costruito con il contributo dei massimi esperti del settore. D’altra parte, quando è stato messo alla prova, il programma ha mostrato dei limiti e ha sollevato molti dubbi.

La prova dei fatti ha dimostrato quanto sia difficile comprendere e prevedere il comportamento delle persone, anche in un singolo contesto. Questa è la lezione più importante che possiamo imparare dalla controversa storia del programma SPOT.

Per Saperne di Più

  • American Civil Liberties Union (2017). BAD TRIP: Debunking the TSA’s ‘Behavior Detection’ Program [online].
  • Denault, V. et al. (2020). The analysis of nonverbal communication: The dangers of pseudoscience in security and justice contexts. Anuario de Psicología Jurídica, 30(1), 1–12. https://doi.org/10.5093/apj2019a9.
  • U.S. Government Accountability Office (2013). Aviation security: TSA should limit future funding for behavior detection activities [online].
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